San Benedetto da Norcia patrono d’europa: la vita
Benedetto nasce nel 480 d.C., a Norcia, dalla nobile famiglia Anicia, poi famiglia Frangipani. Il padre, il console Giustiniano Probo, capitano generale dei Romani nella Regione di Norcia, fu personaggio di spicco della vita politica dei tempi. La madre, Claudia Abundantia Riguardati, contessa di Norcia, morì poco dopo aver partorito l’amato figlio. Benedetto, insieme alla Santa e sorella Scolastica, riveste un’importanza fondamentale nella storia cristiana di tutti i tempi, in quanto rappresenta il progenitore del moderno concetto di monachesimo occidentale.
Benedetto si trova a vivere in un periodo in cui non mancavano fervori di ogni genere, in cui popoli barbari insanguinavano e deturpavano le popolazioni, si impadronivano del potere, in cui civiltà incolte e feroci si riversavano in Occidente. La sopravvivenza era una lotta quotidiana ed era il cristianesimo uno dei maggiori imputati di tanta devastazione. Economicamente le provincie europee attraversavano una crisi profonda, fatta da esattori romani senza scrupoli, barbari saccheggiatori, grandi proprietà fondiarie che diventavano sempre più unità autosufficienti. Le zone di Norcia e più in generale della Valnerina, poi, basavano la propria economia su due risorse tipicamente loro: la pastorizia e la transumanza, attività che certamente non erano in grado di sfamare un popolo con le sue difficoltà.
Secondo fondi non confermate a 13 anni Benedetto era già stato inviato a Roma “per dar opera alle lettere humane; ma la Roma del tempo rappresentava un convulso insieme di tentazioni, di vizi, un posto dove perdere la propria integrità era una consuetudine che spaventava i puri di spirito. Per questo motivo, nel 494 d.C., insieme alla nutrice Cirilla, Benedetto decise di abbandonare la città per rifugiarsi in un luogo solitario in cui potesse vivere nella preghiera di Dio. Se ci basiamo sulla testimonianza di San Gregorio, Benedetto si recò ad Affile e qui si fermò per tantissimo tempo, formando la sua esperienza anacoretica. Dopo Affile, lasciata anche l’amatissima nutrice, il Santo, intorno al 505 d.C., andò verso Subiaco, assolutamente lontano da ogni forma di civiltà, solo, rinchiuso nella sua preghiera e nel suo dialogo con il Signore. Nello speco in cui si rinchiuse visse per tre anni. Soltanto un monaco di nome Romano sapeva della sua esistenza; fu lui a preoccuparsi di rifornirlo del pane necessario al suo sostentamento, spesso privandosi della sua razione quotidiana. La sua solitudine finì con l’arrivo di un prete che sosteneva di averlo cercato perchè, in un’illuminazione, Dio gli aveva detto di farlo. A questo seguirono dei pastori che, riconoscendo in lui una sorta di misticità, ne raccontarono la veduta in paese. In una località vicina un monastero era rimasto senza padre superiore e Benedetto sembrava perfetto a ricoprire quel posto. Ovviamente, Benedetto aveva basato l’intera sua vita su dei principi di isolamento, preghiera, lavoro e povertà che male accordavano con tutti gli ordini monastici presenti al tempo, ma decise comunque di accettare l’incarico, suscitando, in pochissimo tempo, le ire dei monaci. Tentarono di avvelenarlo, ma Benedetto ne ebbe sentore attraverso una rivelazione divina e, dopo aver invocato su di loro il perdono, si rifugiò nuovamente in quel luogo solitario in cui aveva maggiormente sperimentato ed apprezzato l’ habitare secum. A Subiaco cominciarono i primi veri pellegrinaggi di tutti coloro che desideravano essere istruiti da lui, sottolineando sempre più la capacità organizzativa del Santo. Intanto, Benedetto stava fondando dodici monasteri, ognuno con a capo un superiore su dodici monaci. Era lui il sovrintendente di tutto e il solo istitutore di tutti coloro che dimostravano la necessità di entrare nel mondo cristiano attraverso i suoi insegnamenti. Fu proprio in tale contesto che Benedetto cominciò a crearsi i primi nemici, invidie di tanta aurea intorno ad una figura umana. Uno di questi fu un certo prete Fiorenzo, il quale, dopo aver inutilmente tentato di avvelenare Benedetto, portò sette donne nude nei cortili del monastero con l’obiettivo di istigare a gesti peccaminosi i discepoli del Santo. Di fronte a tanto odio Benedetto pose i dodici monasteri da lui fondati sotto il controllo di superiori da lui scelti e, con pochi fratelli, si recò a Montecassino, altro luogo sacro della vita di Benedetto, posto adattissimo per le sue alture, gli spazi coltivabili, i corsi d’acqua. Intanto Fiorenzo, secondo quanto detto da San Gregorio, moriva pochi giorno dopo schiacciato dal terrazzo della sua abitazione, misteriosamente crollato su di lui.
Benedetto cominciava ad essere conosciuto per la sua capacità di predire il futuro, tanto che anche il re atiano Totila andò da lui. E’ ovvio che egli intendeva dare origine ad un ordine monacale stabile, che fondasse la sua esistenza su princìpi giusti e che più di tutti l’avvicinasse alle grazie del Signore. Tale intenzione venne da lui manifestata ampiamente nella Regola, la sua opera fondamentale, una delle più importanti nel cristianesimo occidentale. Le parole in essa contenute insegnano la via dell’obbedienza, della totale devozione al Signore per un’eternità al riparo dalle pene infernali, annuncia il principio “ora et labora”, prega e lavora, i fondamenti della vita di ognuno. Il pilastro del cenobitismo benedettino è l’abate, il diretto portavoce del Cristo nei monasteri; è lui che deve preoccuparsi dei bisogni della comunità, che deve infliggere le punizioni ai confratelli, che deve curare chi necessita di aiuto. L’aspetto economico deve essere affidato ad un economo, un uomo, secondo le parole di Benedetto, saggio, costumato come una persona matura, non mangione, non arrogante, non testa calda, non insolente, non indolente, non prodigo, ma timorato di Dio. A parte questi ruoli di primaria importanza la Regola parla di un’equa divisione dei compiti in base alle attitudini ed alle capacità dei membri della comunità. Anche lo svolgimento della giornata viene minuziosamente organizzato in ogni suo aspetto, quale quanto mangiare o bere, come vestire, come utilizzare i bagni, che punizioni infliggere. Sembra naturale che dal complesso di norme sommariamente elencate, si evinca non solo l’impostazione tipo della vita monacale benedettina, ma anche l’architettura stessa delle strutture cristiane del tempo, comprensive di tutti quei locali indispensabili affinchè i membri non debbano uscire dalle mure che l’accolgono: la chiesa, le celle dei monaci, la cucina, il refettorio, la foresteria, la mensa, il locale per i novizi, il locale per gli infermi, il laboratorio, i magazzini, la dispensa, l’oratorio, la biblioteca.
Intanto a Norcia, la patria natìa del Santo, cominciavano ad arrivare gli echi di tanta misticità intorno ad una figura che aveva lì avuto origine. Dopo la sua morte avvenuta nel 543 d.C., dove nella sua infanzia c’era stata la sua casa, fu eretto un monastero in suo onore, in cui venne posto l’ordine benedettino da lui fondato. Della Basilica di San Benedetto, uno dei monumenti pilastro dell’assetto urbano nursino, nonché estetica di primo piano della piazza principale di Norcia, parleremo più dettagliatamente nella pagina ad essa dedicata.
Tornando a Benedetto: la rivoluzione che produsse alle fondamenta stesse del concetto di cristianesimo gettando le basi della moderna concezione di monachesimo occidentale ne hanno favorito, senza troppe difficoltà, la santificazione, avvenuta per opera di papa Paolo VI il 24 ottobre 1964, in occasione della riconsacrazione dell’abbazia di Montecassino.