le Pasquarelle a Norcia e in Valnerina (primi giorni di gennaio)
Negli ultimi anni il desiderio di riportare al meritato splendore gli antichi riti ha fatto si che molte tradizionali usanze fossero rivisitate e riproposte. Tra queste, senza alcun dubbio, rientrano a pieno titolo le Pasquarelle. Le loro origini si intrecciano, presumibilmente, al vissuto di San Francesco di Assisi, troppo vicino a questi luoghi per non influenzarne il percorso storico e religioso. Come è noto, infatti, il Santo frate ebbe per primo la volontà di rappresentare figurativamente l’immagine della natività. La presenza capillare dei francescani sull’intero territorio umbro ha fatto il resto, diffondendo ovunque nelle vicinanze il desiderio di arricchire il presepe con riti natalizi e canti propiziatori. Le Pasquarelle sono delle laudi sacre popolari che i pasquarellari, o pasquanti, vanno cantando di casa in casa il 5 gennaio di ogni anno, ricevendo, in cambio, un dono natalizio simbolico. Tale tradizione rimanda direttamente all’Epifania e al suo significato religioso, vale a dire al cammino dei Magi d’Oriente verso il luogo di nascita del Messia e allo svelamento dell’Evento al popolo. In realtà, non mancano, secondo alcuni, anche chiari, seppur minimi, intrecci con le credenze profane del periodo, contaminazioni magiche tipiche di una festa pagana e influenze di strenne di fine anno. Generalmente, però, le Pasquarelle rappresentano, almeno nel territorio della Valnerina, una simbologia religiosa forte, con la quale i credenti si espongono con fede alla rievocazione attraverso un canto carico di misticità e passione, seppur nel suo carattere tipicamente popolare e narrativo. Dal punto di vista dei testi, essi non hanno un valore poetico importante, essendo stati scritti, per lo più, da poeti improvvisati o, cosiddetti, “a braccio”. E’ ovvio che per questi non necessitava costruire una struttura poetica metricamente perfetta, bastava che il risultato finale fosse un canto dalla melodia orecchiabile.
Per amore di conoscenza e per un affetto personale che la lega alla mia infanzia, riporto il testo della Pasquarella che, forse, le rappresenta un po’ tutte, la più famosa, almeno per me.
NU SIMOVINUTI
Nu simo venuti
co’ tutta creanza,
sicunnu l’usanza,
la Pasqua a cantà.Là ‘drento a ‘na stalla
nasciè lu Bambinu,
je manca lo inu,
je manca lo pà.Se more de friddu,
‘n cià manco ‘n littucciu,
nasciè purittucciu,
nasciè pè penà.Ma tello vicino
ce sta Sand Giuseppe,
reccoje le zeppe
pè faru scallà.La Madre je canta,
j’ammocca, j’ammanna,
je fa ninna-nanna,
je dà ru coccò.Ri pòri pastori,
chi ‘n può de ricotta,
chi abbacchiu e caciotta
je viengu a portà.E mo li Re Maggi
co’ tutti li fiocchi,
co’ doni e brellocchi
ru viengu a adorà.Nu pure que cosa
che rempe la panza,
sicunnu l’usanza,
vulimo assajà.Se può ve dispiace
d’aprì la creenza,
d’aprì la dispenza
putimo abbozzà.Però ‘n mocalittu
de bona vinella,
co’ ‘n può de ciammella
portatece qua.