La cattedrale di Santa Maria Argentea
La cattedrale di Santa Maria Argentea rappresenta, insieme alla Castellina, al Palazzo Comunale e alla basilica di San Benedetto, uno dei bellissimi monumenti che adornano la piazza principale di Norcia. Rispetto alla collocazione degli altri, però, questa rimane un poco defilata; di fatto sostituisce ed eredita allo stesso modo l’antico posto e nome della Pieve altomedievale di Santa Maria, volutamente distrutta nel 1554 per rendere possibile la realizzazione e il posizionamento centrale del palazzo della Castellina. Già nel III secolo San Feliciano vescovo di Foligno consacrò la basilica Argentea, un tempio pagano, organizzando, così, la prima comunità cristiana della zona. Con l’arrivo dei Longobardi nel VI secolo, però, il vescovato di Norcia venne assorbito da quello di Spoleto, almeno fino al 1820, data in cui la sede vescovile venne ripristinata e venne scelta la cattedrale come punto principale del ritrovato collocamento religioso. Con il pontificato di Giovanni Paolo II il vescovato di Norcia fu nuovamente riportato a Spoleto, rendendo a questa chiesa il titolo di concattedrale dell’Arcidiocesi di Spoleto-Norcia.
Come già è stato detto la cattedrale di Santa Maria Argentea sorge sui resti dell’antica pieve; per la realizzazione completa del progetto era, però, necessario abbattere anche alcuni palazzi che rientravano nel perimetro studiato. Fu realizzata tra il 1560 e il 1574, per opera dell’architetto Bastiano Perosino, ritiratosi nel 1564 per evidenti dissapori con i fabbricieri.
Come per tutti i monumenti che arricchiscono le vie e le piazze di Norcia, la cattedrale di Santa Maria Argentea è il risultato di una serie di ristrutturazioni conseguenti ai numerosissimi e devastanti terremoti. Soltanto la facciata e il portone conservano le caratteristiche della loro primaria realizzazione. La facciata, semplice e lineare, è a capanna, costruita in cortina di pietra bianca e racchiusa entro lesene. La parte superiore è coronata da una cornice a gola ed è ornata, nel mezzo, da una finestra orbicolare affiancata. Il portone, l’altro elemento storicamente intatto, è lievemente aggettante, sormontato da timpano e affiancato da nicchie e finestre perfettamente parallele. Il perimetro basso è fasciato da uno zoccolo ripreso sul fianco sinistro nella speronatura che servì da rinforzo in seguito ai fortissimi terremoti del 1703 e del 1730. Il primo di questi terremoti distrusse con la sua violenza la volta, il campanile e la sagrestia, affidate, per la ristrutturazione, all’architetto camerale Bufalini. Terminati i lavori, però, il nuovo terremoto costrinse ad ulteriori interventi. Lungo la fiancata è stato posizionato il portone del XV secolo appartenuto alla precedente pieve e accorciato in lunghezza per renderlo adatto a tale apertura. Sull’abside un’iscrizione romana sembra menzionare, secondo le più accreditate ipotesi, una corporazione di artigiani. Dopo il terremoto che distrusse la sagrestia, questa fu ricostruita, come testimonia un’incisione su di un architrave interno, con il sussidio della guaita del Colle nel 1766, fornendola di una mobilia perfetta per le esigenze liturgiche.
Diversa è la storia del campanile del campanile, anch’esso soggetto malaugurato dei troppo ricorrenti terremoti. Nel 1637 la torre arrivò a toccare la cella campanaria, inducendo i canonici a richiedere al Comune un bronzo da issare sulla spianata. La ricostruzione terminò alla fine del 1600, ma il malaugurato sisma del 1703 lo fece di nuovo crollare con le sue tre campane sull’altare maggiore, non lesionando, fortunatamente, la cappella della Misericordia. Nuove sconvolgenti lesioni arrivarono nel 1730 e nel 1859. La torre campanaria attuale, alta 30 metri, venne costruita solo nel 1869: posizionata accanto alla facciata ed eretta su due casupole, era formata da un basamento in mezzo al quale si apre la porta d’ingresso. Interamente in pietra, sulla sua sommità ospita quattro finestroni a tutto sesto, 16 lesene, trabeazione e coronamento finale.
L’interno della cattedrale richiama un po’ la cattedrale di Spoleto; la struttura è ripartita in tre navate comprese entro un impianto basilicale monoabsidato e divise da ampie arcate longitudinali. La navata sinistra inizia, presso l’ingresso, con una fonte battesimale, avente alla base uno stemma del XVI secolo. Proseguendo lungo la stessa navata un altare riporta sopra di sé un crocifisso ligneo presumibilmente del 1494, intagliato da Giovanni Tedesco ad Ascoli Piceno su commissione del pievano Ottaviano Tonti. La navata termina con la Cappella della Misericordia, una sorta di spazio riccamente adornato, con al centro un altare marmoreo bianco e policroni, sfarzoso negli intarsi dall’aspetto fanzaghesco. La navata centrale, lo spazio di fatto riservato ai fedeli, con le panche per le funzioni sacre, è ornato, in fondo, da un altare della fine del ‘700, restaurato o, per meglio dire trasformato, in merito alle direttive del Concilio Vaticano II. La tribuna ospita un coro ligneo nato dall’esperienza dei falegnami locali nei primi anni del XVII secolo, decorato da un bellissimo stemma del vescovo di Spoleto. Infine, la navata destra reca, a capo, la cappella dedicata a San Giuseppe, costruita esattamente in corrispondente dell’opposta cappella della Misericordia, ma differente da questa per i materiali utilizzati, di certo più poveri. A parte ciò, per mantenere intatto uno stile architettonico unitario, la cappella di San Giuseppe ha una struttura similare all’altra cappella. Il resto della navata è arricchito anch’esso da affreschi e tele di appassionante importanza storica, ritraenti, in particolare, i santi nursini.