Le marcite, una risorsa naturale utilizzata grazie agli insegnamenti dei monaci Benedettini
Particolarità paesaggistica del territorio nursino sono le marcite, campi erbosi costantemente irrigati grazie ad un sistema naturale molto simile a quello della pianura padana, delimitati da filari di pioppi cipressini, canne di palude e salici, ma all’interno la vegetazione è molto più ricca di quanto possa sembrare. Arrivando da ovest, prima di entrare nel territorio stesso della città di Norcia, nell’area di minima quota della Piana di Santa Scolastica, ci si trova a passare alla sinistra delle marcite, ignorando, il più delle volte, di cosa realmente rappresentino e sono. Questi campi sono favoriti, nella loro formazione, dall’inclinazione dell’altopiano di tipo lacustre di Norcia, e si estendono per circa 150 ettari. Prima di divenire marcite, questa zona era un’immensa palude bonificata e resa fertile dall’esperienza e dalle conoscenze dei monaci benedettini, all’incirca intorno al periodo del medioevo. Contrariamente a questa collocazione storica dell’evento, c’è chi sostiene che le marcite siano nate nel contesto nursino nel VI secolo d.C., ovvero in un periodo precedente rispetto a quello in cui si stima la realizzazione della stessa opera nel territorio lombardo, classificando le marcite di Norcia come le prime d’Italia. Il lavoro dei benedettini è consistito nel creare una serie di canali artificiali chiamati adacquatrici, sbarrati da paratoie di legno o “storcitoi”, che fanno straripare l’acqua in modo che irrighi gli appezzamenti di terreno, chiamate cortinelle, attraverso una serie di piccoli canali che rendono omogeneo il flusso dell’acqua. Il nome “marcita”, nell’ipotesi più accreditata, deriverebbe da un’antica pratica agreste che consisteva nel far marcire nei campi irrigui, durante il periodo invernale, l’ultimo taglio annuale di settembre, favorendo l’arricchimento di sostanze organiche. Un terreno reso così più fertile può arrivare a produrre fino a 10 raccolti all’anno.